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Integrazione e assistenza persone disabili secondo la Legge 104/92

La nota a tutti come “Legge 104” è stata diramata nell’ordinamento italiano nel 1992 al fine di regolare in maniera univoca l’assistenza alle persone diversamente abili, il diritto all’integrazione sociale, l’aiuto e la possibilità nell’accompagnamento dei familiari. Il nome esteso con la quale la legge è stata pubblicata e presentata alla comunità italiana è “Legge 5 febbraio 1992 n. 104, Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate apparsa nella Gazzetta Ufficiale del 17 febbraio 1992 n. 39”.

La struttura della legge attualmente in vigore risente delle modifiche apportate dalla “Legge 8 marzo 2000, n. 53 “Disposizioni per il sostegno della maternità e della paternità, per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei tempi delle città”; dal “Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 151 Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’articolo 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53″; dalla Legge 4 novembre 2010 , n. 183 Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l’impiego, di incentivi all’occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonché misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro”.

È stata ed è una legge basilare, che tutt’ora ovviamente è primo riferimento normativo nella civile, penale e sociale protezione di persone disabili, e nel proprio inalienabile diritto a un’esistenza dignitosa, paritaria, equa. In essa sono inseriti articoli e commi che riguardano gli aspetti medico sanitari della prevenzione della cura e della riabilitazione; l’inserimento e l’aiuto personale; il diritto all’educazione, all’istruzione, al lavoro, alla formazione professionale; la rimozione di barriere architettoniche sia nell’accesso a strutture fisiche che nell’accesso all’informazione e alla comunicazione; l’aggravio delle contestazioni penali a carico di persone ree di fatti contro persone disabili; gli adempimenti ai quali regioni, province e comuni debbono sottostare al fine di realizzare e mantenere quanto dalla legge stessa previsto.

Il testo attualmente in vigore, è stato negli anni modificato da tre provvedimenti, l’ultimo dei quali, nel 2010 inserito nel Collegato lavoro ha inteso rivedere la disciplina dell’assistenza e dei permessi di lavoro concessi ai familiari per le persone portatrici di handicap.

I principi generali che animano la legge sono guidati dalle finalità dell’ordinamento repubblicano, dello Stato, che da Costituzione deve spendersi e fare in modo per la creazione e il controllo di un modello civico e sociale che:

“a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società;
b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali;
c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché la tutela giuridica ed economica della persona handicappata;
d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata”.

L’articolo 3 della Legge 104, nella consueta sezione di apertura e di dichiarazione di intenti del proprio impianto normativo in questo modo individua i destinatari dei propri commi:

Articolo 3. Soggetti aventi diritto. – 1. È persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
4. La presente legge si applica anche agli stranieri e agli apolidi, residenti, domiciliati o aventi stabile dimora nel territorio nazionale. Le relative prestazioni sono corrisposte nei limiti ed alle condizioni previste dalla vigente legislazione o da accordi internazionali.

E per tali persone la legge si applica al fine di:

a) sviluppare la ricerca scientifica, genetica, biomedia, psicopedagogica, sociale e tecnologica anche mediante programmi finalizzati concordati con istituzioni pubbliche e private, in particolare con le sedi universitarie, con il Consiglio nazionale delle ricerche (CNR), con i servizi sanitari e sociali, considerando la persona handicappata e la sua famiglia, se coinvolti, soggetti partecipi e consapevoli della ricerca;
b) assicurare la prevenzione, la diagnosi e la terapia prenatale e precoce delle minorazioni e la ricerca sistematica delle loro cause;
c) garantire l’intervento tempestivo dei servizi terapeutici e riabilitativi, che assicuri il recupero consentito dalle conoscenze scientifiche e dalle tecniche attualmente disponibili, il mantenimento della persona handicappata nell’ambiente familiare e sociale, la sua integrazione e partecipazione alla vita sociale;
d) assicurare alla famiglia della persona handicappata un’informazione di carattere sanitario e sociale per facilitare la comprensione dell’evento, anche in relazione alle possibilità di recupero e di integrazione della persona handicappata nella società;
e) assicurare nella scelta e nell’attuazione degli interventi socio-sanitari la collaborazione della famiglia, della comunità e della persona handicappata, attivandone le potenziali capacità;
f) assicurare la prevenzione primaria e secondaria in tutte le fasi di maturazione e di sviluppo del bambino e del soggetto minore per evitare o constatare tempestivamente l’insorgenza della minorazione o per ridurre e superare i danni della minorazione sopraggiunta;
g) attuare il decentramento territoriale dei servizi e degli interventi rivolti alla prevenzione, al sostegno e al recupero della persona handicappata, assicurando il coordinamento e l’integrazione con gli altri servizi territoriali sulla base degli accordi di programma di cui all’articolo 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142;
h) garantire alla persona handicappata e alla famiglia adeguato sostegno psicologico e psicopedagogico, servizi di aiuto personale o familiare, strumenti e sussidi tecnici, prevedendo, nei casi strettamente necessari e per il periodo indispensabile, interventi economici integrativi per il raggiungimento degli obiettivi di cui al presente articolo;
i) promuovere, anche attraverso l’apporto di enti e di associazioni, iniziative permanenti di informazione e di partecipazione della popolazione, per la prevenzione e per la cura degli handicap, la riabilitazione e l’inserimento sociale di chi ne è colpito;
l) garantire il diritto alla scelta dei servizi ritenuti più idonei anche al di fuori della circoscrizione territoriale;
m) promuovere il superamento di ogni forma di emarginazione e di esclusione sociale anche mediante l’attivazione dei servizi previsti dalla presente legge.

Il diritto alla formazione e a lavoro, i permessi per i familiari

Vediamo ora in dettaglio come si innesta la 104 nel mondo del lavoro, quali i diritti dei familiari e i doveri delle aziende, come si comporta l’INPS. Quanto insomma ci sia da sapere nella gestione di un’impresa per quanto riguarda il corretto rapporto sia con lavoratori disabili che con i familiari ai quali spettano l’assistenza e i periodi di assenza.

Innanzitutto la formazione professionale. Alle persone disabili la legge riconosce il diritto di avere a disposizione corsi professionali dedicati organizzati dalla Regione. Corsi che permettano l’avvio e l’inserimento al lavoro, che rilascino attestati qualificanti e validi e che siano calibrati sull’offerta di lavoro e sulla capacità delle persona.  Il diritto alla formazione professionale è stabilito in base a quanto previsto dall’Articolo 5 della Legge 21 dicembre 1978, n. 845 “Legge-quadro in materia di formazione professionale” che cita: “5. (Organizzazione delle attività). – Le regioni, in conformità a quanto previsto dai programmi regionali di sviluppo, predispongono programmi pluriennali e piani annuali di attuazione per le attività di formazione professionale. A compenso e complemento di tale attività le stesse regioni al fine di assicurare integrazione lavorativa di persone disabili sono tenute a disciplinare altresì “l’istituzione e la tenuta dell’albo regionale degli enti, istituzioni, cooperative sociali, di lavoro, di servizi, e dei centri di lavoro guidato, associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a favorire l’inserimento e l’integrazione lavorativa di persone handicappate”.

Il collocamento è obbligatorio e deve tener conto non solo del grado di disabilità ma come ovvio, delle capacità lavorative della persona. Gli esami e i concorsi devono essere sostenuti con gli ausili e i tempi necessari e nel caso di concorsi pubblici il lavoratore che abbia un grado di invalidità superiore ai due terzi ha la prelazione sulla scelta della sede.

Poi le barriere architettoniche, di cui si parla nell’articolo 24: “Legge 5 febbraio 1992, n. 104

24. Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche. – “1. Tutte le opere edilizie riguardanti edifici pubblici e privati aperti al pubblico che sono suscettibili di limitare l’accessibilità e la visitabilità di cui alla legge 9 gennaio 1989, n. 13 ( Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati), e successive modificazioni;  sono eseguite in conformità alle disposizioni di cui alla legge 30 marzo 1971, n. 118, (Conversione in legge del D.L. 30 gennaio 1971, n. 5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili) e successive modificazioni;  al regolamento approvato con decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384, (Regolamento di attuazione dell’art. 27 della L. 30 marzo 1971, n. 118, a favore dei mutilati e invalidi civili, in materia di barriere architettoniche e trasporti pubblici.”) alla citata legge n. 13 del 1989, e successive modificazioni; e al citato decreto del Ministro dei lavori pubblici 14 giugno 1989, n. 236 (“Prescrizioni tecniche necessarie a garantire l’accessibilità, l’adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica sovvenzionata e agevolata, ai fini del superamento e dell’eliminazione delle barriere architettoniche.”).

L’articolo disciplina al contempo i concorsi per le realizzazioni di opere comunali, l’adeguamento di vecchie strutture e la realizzazione di nuove.

Infine l’assistenza e i congedi parentali per l’assistenza da parte dei lavoratori a figli e parenti disabili. La sezione del testo della Legge 104 nel quale si regola l’assistenza dei familiari alla persona disabile è la numero 33 a titolo “Agevolazioni”. Che testualmente e integralmente si esprime:

“La lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre, anche adottivi, di minore con handicap in situazione di gravità accertata ai sensi […] hanno diritto al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa dal lavoro […] a condizione che il bambino non sia ricoverato a tempo pieno presso istituti specializzati;

2. I soggetti possono chiedere ai rispettivi datori di lavoro di usufruire, in alternativa al prolungamento fino a tre anni del periodo di astensione facoltativa, di due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino;

3. A condizione che la persona handicappata non sia ricoverata a tempo pieno, il lavoratore dipendente, pubblico o privato, che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti, ha diritto a fruire di tre giorni di permesso mensile retribuito coperto da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa. Il predetto diritto non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità. Per l’assistenza allo stesso figlio con handicap in situazione di gravità, il diritto è riconosciuto ad entrambi i genitori, anche adottivi, che possono fruirne alternativamente;

4. Ai permessi si cumulano con quelli previsti all’articolo 7 della citata legge n. 1204 del 1971,( Legge 30 dicembre 1971, n. 1204 “Tutela delle lavoratrici madri” 1 Astensione genitori nei primi otto anni di vita del bambino) si applicano le disposizioni di cui all’ultimo comma del medesimo articolo 7 della legge n. 1204 del 1971 (i periodi di astensione dal lavoro sono computati nell’anzianità di servizio, esclusi gli effetti relativi alle ferie e alla tredicesima mensilità o alla gratifica natalizia. Ai fini della fruizione del congedola lavoratrice ed il lavoratore sono tenuti a presentare una dichiarazione attestante che l’altro genitore non sia in astensione dal lavoro negli stessi giorni per il medesimo motivo), nonché quelle contenute negli articoli 7 e 8 della Legge 9 dicembre 1977, n. 903 (Legge 9 dicembre 1977, n. 903. Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, diritto di entrambi i genitori di assentarsi dal lavoro).

5. Il lavoratore ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede;

6. La persona handicappata maggiorenne in situazione di gravità può usufruire alternativamente dei permessi ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferita in altra sede, senza il suo consenso;

7. Le disposizioni si applicano anche agli affidatari di persone handicappate in situazione di gravità.

7-bis. Ferma restando la verifica dei presupposti per l’accertamento della responsabilità disciplinare, il lavoratore decade dai diritti di cui al presente articolo, qualora il datore di lavoro o l’INPS accerti l’insussistenza o il venir meno delle condizioni richieste per la legittima fruizione dei medesimi diritti. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».