Tra i diritti dei lavoratori, le ferie non godute
Le ferie sono una parte attiva e importante dei contratti lavorativi. Sono un diritto del lavoratore, un diritto irrinunciabile e rientrano nella consuetudine del rapporto azienda dipendenti. Il dibattito legislativo e politico quindi sia a livello nazionale che a livello europeo ha riguardato negli anni non tanto il diritto al godimento o meno delle ferie, quanto invece l’obbligo del lavoratore di usufruirne, la possibilità di indennità o retribuzione in caso di mancato godimento, la scadenza delle ferie accumulate, la prescrizione della stessa scadenza.
A indicare quanto sia vitale il lavoro nel nostro ordinamento fondante, e quanto siano considerate necessarie le ferie e il loro godimento, la Repubblica Italiana si esprime sulle ferie nella sua Costituzione, nella culla del suo ordinamento civico, morale, giuridico. Nell’unica prova ineludibile ed essenziale dell’esistenza e della legittimità del nostro Paese.
Costituzione della Repubblica Italia Articolo 36 - “Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.
Una dichiarazione chiara e definitiva alla quale possiamo senza dubbio accostare quanto previsto e indicato dal Codice Civile, codice che nell’articolo 2109 dichiara:
“Art. 2109 Periodo di riposo - Il prestatore di lavoro ha diritto ad un giorno di riposo ogni settimana, di regola in coincidenza con la domenica. Ha anche diritto dopo un anno d’ininterrotto servizio (illegittimo, Corte costituz. 10 maggio 1963, n. 66) ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l’imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell’impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. La durata di tale periodo è stabilita dalla legge, (dalle norme corporative) dagli usi o secondo equità (att. 98). L’imprenditore deve preventivamente comunicare al prestatore di lavoro il periodo stabilito per il godimento delle ferie. Non può essere computato nelle ferie il periodo di preavviso indicato nell’art. 2118 (Periodo di preavviso per licenziamento giusto motivo)”.
È proprio il passaggio intermedio del codice civile, quello in cui si cita l’ hanno consecutivo di lavoro dichiarato illegittimo nel 1963) a introdurci nel cuore della normativa e della discussione riguardante le ferie. Una discussione che ci condurrà a scoprire quanto sia obbligatorio il riposo annuale, e quanto non sia possibile un anno ininterrotto di lavoro.
Decreto Legislativo n. 66 del 2003
La normativa attualmente in vigore si regge e fa riferimento al Decreto Legislativo n. 66 del 2003, “Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro”. In esso attraverso indicazioni esplicite e richiami alla citata normativa europea vengono chiariti i meccanismi del godimento, della scadenza delle ferie e dell’impossibilità di monetizzazione dei giorni di riposo, a meno che non avvenga interruzione del contratto di lavoro.
In sintesi e si spera in maniera chiara. L’azienda deve riconoscere ai dipendenti la maturazione di 4 settimane di ferie l’anno. Delle 4 settimane maturate due devono essere concesse per obbligo nell’anno stesso di maturazione, se richiesto anche consecutivamente, le restanti due settimane dovranno essere godute entro diciotto messi dall’anno di maturazione.
Normalmente l’anno di lavoro e la maturazione delle ferie viene indicato come concluso il 31 dicembre.
Va da sé il conteggio quindi che le 4 settimane maturare entro il 31 dicembre vadano “prese” entro il 30 giugno di due anni dopo. Ovvero se sono maturare 4 settimane entro il 31 dicembre 2010, le ferie di quell’anno vanno esaurite entro il 30 giugno 2012.
“Decreto Legislativo n. 66 del 2003 Art. 10 – Ferie annuali; 1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire condizioni di miglior favore;
2. Il predetto periodo minimo di quattro settimane non può essere sostituito dalla relativa indennità per ferie non godute, salvo il caso di risoluzione del rapporto di lavoro; 3. Nel caso di orario espresso come media ai sensi dell’articolo 3, comma 2, i contratti collettivi stabiliscono criteri e modalità di regolazione”.
Il richiamo ai diciotto mesi e al meccanismo del conteggio della scadenza è stato introdotto nel decreto del 2003 da un’integrazione entrata in vigore nel 2004 con il “Decreto legislativo 19 luglio 2004, n.213
Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, in materia di apparato sanzionatorio dell’orario di lavoro”. Decreto che testualmente ha ravvisato:
“Art. 1. Modifiche al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66; 1. Al decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66, sono apportate le seguenti modificazioni: d) il comma 1 dell’articolo 10, è sostituito dal seguente: «1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2109 del codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto ad un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’articolo 2, comma 2, va goduto per almeno due settimane, consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.».
In caso di mancata fruizione del periodo di ferie, i giorni diverranno per il datore di lavoro fonte di contribuzione INPS. Il periodo di riposo quindi non decadrà, ma per l’azienda scatta l’obbligo di contribuzione INPS fino all’estinzione del carico sospeso.
Le ferie vengono maturate per effettiva presenza sul lavoro. Vengono maturate quindi anche nei giorni in cui l’assenza è ammessa e considerata quindi alla stregua della presenza. Parliamo ovviamente di: congedo di paternità, congedo di maternità, congedo matrimoniale, ferie stesse, seggi elettorali, infortunio. I casi in cui non vengono maturate sono invece la maternità facoltativa, assenza per malattia del bambino, aspettativa sindacale, sciopero, sospensione del lavoro con ricorso in Cassa integrazione Guadagni zero ore.
I periodi di riposo vanno quindi esauriti e a essi non si può rinunciare. Sono pochissimi per legge i casi in cui può esiste un’eccezione a questo e nei quali il datore di lavoro ha la licenza di provvedere all’indennità sostitutiva per il lavoratore. All’inserimento quindi in busta paga del corrispettivo in denaro dei giorni di ferie non consumati. Si può adempiere a ciò solo nel momenti in cui ci si trovi dinanzi a:
- Termine del rapporto di lavoro nello stesso anno;
- ferie eccedenti in caso di contratto collettivo che ne abbia aumentato il numero;
- contratto a tempo determinato minore di un anno:
- trasferta.
Negli altri normali casi, le ferie non posso essere pagate, il datore di lavoro è tenuto a concederle nelle modalità sopra descritte e il lavoratore è tenuto a esaurirle.
Citiamo in chiusura una sentenza del maggio 2011 della Corte di Cassazione, e che sta facendo giurisprudenza, è intervenuta su una disputa tra lavoratore e datore di lavoro nel caso di ferie non godute. Ha stabilito che il rimborso per i giorni non concessi, avrà natura risarcitoria e non retributiva e la richiesta ha scadenza decennale. Non si innesterà quindi su un dibattimento riguardante la retribuzione ma al contrario il risarcimento. Tale dibattimento avrà natura decennale, potrà avvenire quindi soltanto dopo dieci anni di rapporto, dopo dieci anni di contratto quindi.
Per chiudere è doveroso ricordare quanto l’intero discorso condotto fin’ora sia valido per contratti di assunzione a tempo indeterminato, e che riguardi quindi la forma classica oppure tanto agognata di rapporto lavorativo. Occorre anche ricordare che la legge, e ognuna delle norme succitate preveda l’implementazione di ulteriori giorni di ferie, e determinate modalità di fruizione ottenuta dai contratti collettivi nazionali. Dai contratti quindi di categoria, stipulati solitamente di concerto con sindacati e organizzazioni datoriali e di categoria.
Senza addentrarci nell’analisi dei contratti a progetto, delle collaborazioni, del lavoro autonomo e per la quale inviamo ad altre pagine, possiamo chiudere citando in ultimo quanto previsto dalla legge per le ferie del lavoro part-time.
Nel part-time orizzontale la durata delle ferie è identica a quella dei lavoratori a tempo pieno. Grazie al principio di non discriminazione. Per il part-time verticale invece il computo delle ferie si ottiene calcolando le ore di lavoro effettivamente svolte.